Ah, il BIWA! Cosa posso dirti, se non che fu uno di quegli eventi che tutti noi appassionati di vino seguimmo con il fiato sospeso ogni anno? Immagina un luogo dove il meglio della viticultura italiana fu messo sotto i riflettori, celebrando l’arte, la dedizione e, naturalmente, l’incredibile varietà dei nostri vini. Sì, sto parlando del Best Italian Wine Awards, un premio che dal 2012 rivoluzionò il modo in cui i vini italiani si mostrarono al mondo fino al suo culmine nel 2019.

Ti racconto una storia. Immagina due amici, Luca Gardini e Andrea Grignaffini, che una sera del 2011, davanti a un buon bicchiere di vino, ebbero un’illuminazione: creare un premio che evidenziasse i migliori 50 vini italiani. E così nacque il BIWA, un vero trampolino di lancio per le eccellenze vinicole del nostro Paese, che fece breccia nei cuori degli appassionati non solo in Italia ma anche in posti lontani e affascinanti come Città del Messico, Londra, Hong Kong e Bordeaux. E pensare che il Wine-Searcher – pensa un po’ – inserì il BIWA tra i premi più prestigiosi a livello mondiale nel 2016.

Ogni anno, un comitato tecnico da brividi, che parlava tutte le lingue del vino, si riuniva per degustare alla cieca più di 350 etichette. Giornalisti, critici, esperti internazionali si univano a Gardini e Grignaffini per selezionare i 50 vini che lasciarono il segno. Ma non finiva qui! Il BIWA non si limitava a fare una classifica, ma conferiva anche premi speciali per riconoscere quelle etichette, aziende e professionisti che si erano veramente distinti nel mondo vitivinicolo.

E l’edizione 2018? Beh, vide l’ingresso di nuovi eroi del mondo del vino. Da Lu Yang, colui che portò il titolo di Master Sommelier nella Grande Cina, a Othmar Kiem, fondatore del Gourmet Club Alto Adige e voce italiana di Falstaff. Questi si aggiunsero a una squadra già stellare che includeva Kenichi Ohashi, l’unico Master of Wine giapponese, e Amaya Cervera, fondatrice di spanishwinelover.com, per non parlare di altre icone del vino a livello mondiale.

Se eri come me, appassionato fino al midollo, il BIWA rappresentava non solo una competizione, ma un vero e proprio viaggio alla scoperta di storie, persone e, ovviamente, vini che rendevano unica la nostra terra. Era impresso nel DNA di ogni bottiglia che passava per quelle selezioni, un richiamo alle radici e all’identità di chi ogni giorno metteva passione nel proprio lavoro.

Ogni volta che si avvicinava il momento dell’annuncio dei vincitori, mi sentivo come se stessi attendendo il responso dei migliori chef per il piatto dell’anno. E non importava quante volte lo seguivo, l’emozione rimaneva sempre la stessa.

Ricordati, quando stappi il prossimo vino, che dietro ogni etichetta c’era una storia, una sfida, una passione. E chissà, poteva anche essere uno dei campioni del BIWA che stavi per assaporare. Ti garantisco, cambiava il modo in cui vivevi ogni sorso.